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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), XI, 9
 
originale
 
9. Inter has oblectationes ludicras popularium, quae passim vagabantur, iam sospitatricis deae peculiaris pompa moliebatur. Mulieres candido splendentes amicimine, vario laetantes gestamine, verno florentes coronamine, quae de gremio per viam, qua sacer incedebat comitatus, solum sternebant flosculis, aliae, quae nitentibus speculis pone tergum reversis venienti deae obvium commonstrarent obsequium et quae pectines eburnos ferentes gestu brachiorum flexuque digitorum ornatum atque obpexum crinium regalium fingerent, illae etiam, quae ceteris unguentis et geniali balsamo guttatim excusso conspargebant plateas; magnus praeterea sexus utriusque numerus lucernis, taedis, cereis et alio genere facticii luminis siderum caelestium stirpem propitiantes. Symphoniae dehinc suaves, fistulae tibiaeque modulis dulcissimis personabant. Eas amoenus lectissimae iuventutis veste nivea et cataclista praenitens sequebatur chorus, carmen venustum iterantes, quod Camenarum favore sollers po?ta modulatus edixerat, quod argumentum referebat interim maiorum antecantamenta votorum. Ibant et dicati magno Sarapi tibicines, qui per oblicum calamum, ad aurem porrectum dexteram, familiarem templi deique modulum frequentabant, et plerique, qui facilem sacris viam dari praedicarent.
 
traduzione
 
Mentre queste divertenti maschere popolari giravan qua e l?, la vera e propria processione in onore della dea protettrice cominci? a muoversi. Donne bellissime nelle loro bianche vesti, festosamente agghindate, adorne di ghirlande primaverili spargevano lungo la strada per la quale passava il corteo i piccoli fiori che recavano in grembo, altre avevano dietro le spalle specchi lucenti per mostrare alla dea che avanzava tutto quel consenso di popolo, altre ancora avevano pettini d'avorio e muovendo ad arte le braccia e le mani fingevano di pettinare e acconciare la chioma regale della dea, altre, infine, versavano, a goccia a goccia, lungo la strada, balsami deliziosi e vari profumi. Seguivano uomini e donne in gran numero che con lucerne, fiaccole, ceri e ogni altra cosa che potesse far luce, invocavano il favore della madre dei cieli. Seguiva una soave musica di zampogne e di flauti dalle dolcissime modulazioni e, dietro, una lieta schiera di baldi giovani, tutti vestiti di bianco, che cantavano in coro un bellissimo inno scritto e musicato col favore delle Muse da un valente poeta e che era un preludio ai solenni sacrifici; venivano poi i flautisti votati al gran Serapide, che sul loro flauto ricurvo che arrivava fino all'orecchio destro, ripetevano il motivo che si suona nel tempio di questo dio e, infine, molti che gridavano di lasciar libera la strada per il sacro corteo.
 

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